Ayrton dalla A alla Z 
A come
Ayrton Senna da Silva, nato a San Paolo in Brasile il 21 marzo 1960, diventato una leggenda troppo presto
il 1º maggio 1994 ad Imola, al settimo giro del Gran Premio di San Marino. Nel 1983, durante il Campionato Britannico di Formula 3
(che vinse) decise di adottare il cognome materno, Senna, meno diffuso quello paterno, Da Silva, equivalente ai nostri Rossi o
Bianchi per capirci. Un omaggio alla figura della madre, presenza fondamentale nella sua vita.
B come
Brasile. Terra travagliata e dalle mille sfumature, se oggi è in
ripresa venti anni fa era ancora in piena crisi; Senna ne fu ambasciatore quasi involontario, bandiera spontanea,
simbolo di rivincita per una generazione, che grazie a lui iniziò a dire "sono brasiliano" con orgoglio.
C come
Campionati del Mondo di Formula 1. Senna ne vinse tre, negli
anni 1988, 1990 e 1991, tutti con la scuderia inglese McLaren, sempre motorizzata dai giapponesi della Honda.
D come
Lucio Dalla. Da buon emiliano, la passione per i motori gli
scorreva nel sangue come benzina nei cilindri, e la cosa si manifestò anche in alcune sue canzoni.
Ma se "Nuvolari" (dall'album "Automobili" del 1976) è un'allegra e spensierata fotografia sulle corse di
inizio Secolo scorso e sul Mantovano Volante in particolare, se "Il motore del 2000" (stesso album) una
visione o una speranza sul futuro dell'uomo e dell'auto, il brano "Ayrton" (dall'album "Canzoni" del 1996) è
una pura poesia dedicata alla scomparsa del pilota brasiliano. Delicata e commovente.
E come
Estoril. Su questo circuito, Senna ottenne la sua prima vittoria in una gara valida per il campionato di
Formula 1 nel 1985, correndo con la Lotus-Renault, al suo secondo anno nella categoria (debuttò nel GP del Brasile 1984 su Toleman-Hart). Sotto
un diluvio che neanche quello universale, vinse davanti a Michele Alboreto su Ferrari ampiamente distanziato, tutti gli altri, dal
terzo compreso in giù, doppiati. Sì, avete letto bene. Tutti. Doppiati tutti.
F come
Funerali.
Prima di decollare per riportare la salma di Senna in Brasile, il comandante dell'aereo comunicò che si rifiutava sistematicamente di seguire
il regolamento, secondo cui la bara andava deposta nella stiva. Smontati alcuni sedili, il pilota viaggiò sull'Atlantico accompagnato dalle
preghiere degli altri passeggeri, prima di tornare a casa. Dall'aeroporto al palazzo del Governo dello Stato di San Paolo, poi al cimitero
di Morumbi, una folla senza precedenti per un uomo di sport non smise mai, mai di pregare e piangere e ringraziarlo per quello che aveva
fatto per il suo Paese. Cinque milioni, dicasi cinque milioni di brasiliani a rendergli omaggio. Si è fermato un Paese, si è fermato un
Continente, il mondo intero si è voltato verso il Sud America per l'ultimo saluto ad Uomo. Non un capo di Stato, non un generale, non
un politico. Un pilota di Formula 1. Chiaro il concetto?
G come
Grida. Quelle di Senna alla fine del GP di Interlagos (Brasile) del 1991, dove vinse con
la sua McLaren-Honda con il cambio guasto a fine gara e due marce mancanti. I piloti avevano tutti e tre i pedali ed una vera leva
del cambio, e al massimo una decina di bottoni per il set-up sul volante, cose che oggi sembrano preistoriche. Il cambio manuale delle
F1 era molto più faticoso da usare delle palette di oggi dietro al volante, figuriamoci se mezzo rotto e dopo una corsa di quasi due ore.
Una fatica al limite. Roba che dalla radio che hai nel casco per comunicare con i box, appena tagli il traguardo tutto il mondo ti sente
urlare, e urli sì per la gioia di aver vinto davanti al pubblico di casa tua, ma anche e soprattutto per il dolore immane dei crampi.
Roba che ti serve aiuto per scendere dalla monoposto, per poter salire sul podio e fai fatica ad abbracciare tuo padre per il male alle
braccia. Roba che sul podio non riesci del tutto ad alzare il trofeo del vincitore, perché sei commosso e ancora distrutto dalla fatica.
Roba che il mondo, tutto, si volta ad applaudirti. Roba che diventi un idolo assoluto per il tuo Paese. E ovviamente così fu.
H come
Honda. La casa motoristica giapponese vide bene quando qualcuno gli segnalò un giovane
brasiliano dal potenziale sorprendente debuttare in Formula 1 a metà degli anni Ottanta; da quel momento il legame tra il pilota e
i motoristi orientali fu costante e proficuo, dall'ultimo anno in Lotus (1987) ai trionfi con la McLaren (1988-1992).
I come
Italia. C'è anche un po' di "Belpaese" nella carriera di Senna, motivo per cui
parlava anche un buon italiano. Il tutto risale agli inizi con i kart: dopo i successi in Brasile nelle categorie nazionali,
un giovanissimo Ayrton arrivò in Italia per raggiungere la scuderia che lo assunse, la Dap con cui corse i campionati mondiali
degli anni 1979 e 1980. Sfiorando il titolo in entrambe le occasioni.
L come
Lotus. Scuderia inglese tra le più rinomate della storia della Formula 1.
Fondatore il poliedrico Colin Chapman, pilota che la portò alla totale consacrazione Jim Clark. Innovazioni tecnologiche e
meccaniche assolute, grandissimi piloti e tecnici geniali, la Lotus ha scritto molte pagine della F1 tra gli anni Sessanta e gli Ottanta.
Se qualcuno ha in mente la scuderia attuale, dimenticatela pure, c'è solo il nome e nient'altro. E comunque, anche negli anni
meno felici, qualcuno vide lungo e andò ad assumere nell' 85 con un contratto triennale un giovane brasiliano che debuttò
l'anno prima con la Toleman, grazie a lui tornarono piazzamenti e punti importanti per la Lotus. Il ragazzo prometteva molto
bene e si chiamava Ayrton.
M come
McLaren. La scuderia della consacrazione assoluta di Senna. Sei anni -dal 1988 al 1993-,
tre titoli mondiali per Ayrton, quattro per la squadra gestita da Ron Dennis, record infranti a ripetizione. Tra i dominatori
della Formula 1 fine anni Ottanta - inizi Novanta. Anche un tifoso ferrarista si tira giù il cappello, o almeno dovrebbe.
N come
Vittoria Negata. La prima vittoria di Senna avrebbe potuto arrivare benissimo
già nell'anno debutto con la Toleman, nel 1984, durante il GP del Principato di Monaco -neanche a dirlo-.
Durante la gara, già partita con la pioggia, si abbatté sul circuito un autentico diluvio -neanche a dirlo- e
Senna recuperò una posizione dietro l'altra dalle retrovie guidando sul bagnato come nessuno -neanche a dirlo-.
Mentre era in seconda posizione e stava recuperando secondi su secondi sul primo, i commissari di pista decisero
di interrompere la gara per motivi di sicurezza, congelando così le posizioni proprio mentre Senna stava per superare
il pilota davanti a lui sul rettilineo del traguardo. Ironico preludio di un destino sportivo, il pilota che vinse
così quella gara era Alain Prost su McLaren.
O come
Ostruzionismo. Quello evidente della FIA -Federazione Internazionale
dell'automobile- verso Senna, forse poco corretto politicamente ma sempre diretto nel dire ciò che pensava, specie
se riguardo la sicurezza dei piloti o l'equità di giudizio della stessa Federazione in certe occasioni.
Memorabili le "frecciate" tra Senna e l'allora presidente della FIA, Jean-Marie Balestre, durante le riunioni
pre-gara con tutti i piloti ed i commissari di circuito.
P come
Alain Prost. Quattro volte campione del mondo di F1 tra gli anni
Ottanta e Novanta. Gran talento, veloce sì ma anche e soprattutto molto più calcolatore degli altri,
lo chiamavano "il Professore" e un motivo c'era: riusciva a non maltrattare più di tanto la sua monoposto
per poi sfruttarla al meglio in caso di duelli a fine gara, per non parlare di una tattica quasi sempre impeccabile.
Una capacità di messa a punto della sua monoposto a dir poco maniacale, alcuni meccanici che han lavorato con lui
hanno avuto gli incubi per anni .....Troppo bravo e troppo diverso da Senna per non incrociare il suo
destino con quello del brasiliano. La loro rivalità totale difficilmente trova paragoni anche solo vagamente simili nella Formula 1 odierna.
Si odiarono, forse. Si rispettarono, sempre, anche quando non parve così.
Q come
Quasi Assente. Chi lo avesse osservato durante le prove ufficiali del sabato di un
qualsiasi GP, quelle valide per la pole position, avrebbe visto un Senna talmente concentrato da sembrare assente,
in meditazione, su un altro mondo, quasi sempre seduto per lunghi minuti a bordo della sua auto, ad osservare i tempi
degli altri piloti già scesi in pista e i suoi dati raccolti nei giorni prima.
Il tutto per poi infilare casco e guanti negli ultimissimi minuti validi e, molto spesso, conquistare la pole position alla faccia di tutti.
R come
Record. Tanti quelli stabiliti da Senna, uno per tutti il numero di pole
position -65- rimasto imbattuto per anni, o le vittorie consecutive sullo stesso circuito, con le
5 di Montecarlo. E' stato il pilota ad avere ottenuto più pole in rapporto ai Gran Premi disputati,
ed è il terzo pilota per numero di vittorie, 41.
Record ancora più pesanti se si pensa alla sua carriera interrotta prima del tempo e alla sua età quando
debuttò nella massima serie, oggi a 24 anni molti piloti hanno già disputato più di un campionato in Formula1.
Record rimasti imbattuti per molto tempo, fino all'arrivo dell'armata Ferrari - Schumacher dei primi
anni 2000, e anche loro han dovuto faticare un bel po' per batterli.
S come
Fondazione Senna. Realizzata dalla famiglia di Ayrton e in particolare
curata dalla sorella Viviane, dopo la sua scomparsa, è tra i più importanti enti privati senza scopo di lucro
al mondo che si occupa di assistenza all'infanzia su molti aspetti: istruzione, salute, educazione, sport, cultura.
La fondazione si mantiene grazie ai diritti di immagine dei marchi legati alla figura di Senna, che la sua famiglia
devolve interamente all'iniziativa. Per alcuni anni, tra i principali collaboratori a titolo gratuito figurava anche Alain Prost.
T come
Talento. Fu tra quelli assoluti della Formula 1 moderna. O meglio, fu tra
quelli assoluti della Formula 1 moderna in gare su pista asciutta. Nelle gare con la pioggia è considerato ancora
oggi come -Il Talento-. Oggi forse alcuni piloti hanno un buon controllo dell'auto su pista bagnata, alcuni sopra
la media, ma veloci e leggeri come lui nessuno. Mai.
U come
Umanità. Enorme, straripante, spontanea, sincera, ancor più toccante se si
pensa al mondo frenetico e cinico che stava diventando proprio la Formula 1 negli anni di Senna. Due esempi per rendere l'idea:
nell'abitacolo della sua Williams dopo l'ultimo incidente di Imola '94, fu trovata una bandiera austriaca che Ayrton sperava di poter sventolare dopo aver vinto o almeno raggiunto il podio, per ricordare la scomparsa avvenuta il giorno prima di Roland Ratzenberger, pilota che perse la vita il giorno prima, durante le prove a bordo, della sua Simtek Ford. E sempre dopo quell'incidente, fu tra i pochi a sostenere fino all'ultimo che la corsa non andava disputata proprio per rispetto del collega austriaco.
Due anni prima, durante le prove del GP del Belgio '92, dopo un incidente la Ligier del pilota francese Erik Comas si ferma a centro pista e il pilota sviene col motore acceso. E con il rischio di essere centrato in pieno da altre auto in lotta per la pole. Il primo pilota a fermarsi fu proprio Senna, che dopo aver lasciato la sua McLaren fuori pista corse a spegnere il motore della Ligier e raddrizzò la testa del francese per farlo rinvenire.
V come
Vincere. Unico pensiero mentre era in pista. Tanto sensibile e umano nella vita quanto affamato, cannibale di vittorie in gara. Due sue frasi celebri chiariscono l'idea:
"È la voglia di vincere che mi spinge ad andare avanti. È questa la mia maggiore motivazione; la voglia di vincere è ciò che mi spinge a gareggiare".
"Io voglio vincere sempre. L'opinione secondo cui la cosa importante è competere è un assurdità".
Z come
Zio. "Se pensate che io sia bravo, aspettate di vedere mio nipote Bruno" affermò un incoraggiante zio Ayrton nei confronti del nipote Bruno Senna. Era il 1993, e negli anni successivi il nipote ha qualche exploit nelle formule minori prima di arrivare in Formula 1. Ma tra difficoltà tecniche e personali, il nipote prediletto non ha mai fatto faville nella categoria, pensando addirittura di smettere di correre. Ha recentemente ritrovato entusiasmo e vittorie nel Campionato mondiale Endurance. Rivedere un Senna su un podio mondiale fa sempre un certo effetto.
Dario Buzzoni